. ritorno al grigio


Il calore della spagna, della sua gente, delle sue tapas. Le onde gelide di Malaga, le sue viuzze attorcigliate, le passeggiate sul porto. La cattedrale mastodontica di Siviglia, i suoi aranci, i suoi pomeriggi torridi. Le interminabili camminate con lui, gli innumerevoli baci, gli occhi stanchi ma felici, il sonno mano nella mano.


Una settimana

Sette giorni
Centosessantotto ore

Diecimilaottanta minuti


Convivenza al sapore di melograno, rapida e sfuggevole. Una manciata di giorni, e perdersi sempre di più dentro questa storia, dimenticarsi di se stessi in quanto unità, in quanto cellula. Fondersi non è mai stato così naturale, e così dolce. E poi tornare qui, davanti al computer, fuori la pioggia instancabile, il grigio che non si arrende, le pozzanghere che si mangiano le strade e i prati. I genitori che fanno domande a cui non voglio rispondere, descrizioni e racconti che non voglio regalare. Persone che non ho voglia di rivedere, gli stessi noiosi posti che non voglio tornare a frequentare, squallore e ipocrisia che i muri trasudano. I treni luridi per la grigia Milano, il Mac sempre acceso, le giornate che iniziano con il buio e finiscono con la tenebra (dimentico il colore del sole).I soldi che mancano sempre, loro che urlano sempre. Togliere la canfora da cappotti, sciarpe, guanti. E il fottuto ombrello giallo.

Vederlo poco, sentirlo stanco. Dover giustificare a loro dove, come, quando.
Vederci in case che non sentiamo più nostre, far l’amore di sfuggita in taverna (attento, hai sentito?) o scappare a rifugiarsi nel nostro angolo, che puzza di fumo ma è più accogliente di qualsiasi altra stanza. Troverò pace ancora in quegli istanti rubati tra un giorno e l’altro, tra un lavoro e uno studio, tra un po’ di stanchezza e un po’ di evasione.

Benvenuto autunno
Sbrigati a scorrere.

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