. meretrice
Questa infima creatura, così morbida all’apparenza, ha la straordinaria (quasi unica in realtà) capacità di infilarsi in situazioni e legami, per così dire, privati, che non la riguardano. O per lo meno, rapporti ai quali lei è invitata a partecipare con la sola, civile, educazione. Saluti e battute di cortesia, magari qualche breve e scarno discorso sulla bacheca del social nerwork del momento (perché si sa, sulla rete di facebook e figli siamo tutti grandi amici). Questo è ciò a cui la meretrice è solitamente invitata a fare. Praticamente nulla, perché certe situazioni, a rigor di logica, dovrebbero evolvere e risolversi all’interno della stretta, meravigliosa cerchia della coppia. La meretrice è quindi chiamata a starne fuori, ad osservare se vuole, anche a giudicare se necessita, ma lontano.
E invece ecco che questa astuta bestiola si insinua. Come l’acqua nelle crepe del cemento, come il freddo di dicembre nelle ossa, lei si infila. Ci mette il naso, le mani, e soprattutto, la lingua. Discorsi che non le appartengono, gentilezze frutto di una confidenza innaturale, fioccano con una tale abbondanza da lasciare inizialmente esterefatti. Chi non è pratico nell’arte dell’”insinuamento” al momento quasi non ci crede, pensa che sia tutto conseguenza di buona fede, di una sana ed innocua intenzione di stringere un legame di cortesia. Arriva persino ad auto convincersene, a credere seriamente che in fondo situazioni simili non siano poi così strane. “Non c’è niente di male, no?” diventa lo slogan da sfoderare nei momenti di incertezza, quelli in cui l’ingenuo mette a fuoco le cose e inizia a dubitare della famigerata “buona fede” (parole che, neache a farlo apposta, cadono a fagiolo in questa storia).
E invece, mentre il pischello osserva la scena senza vederne effettivamente il contenuto, l’arpia agisce indisturbata, seminando mine anti-legame programmate per esplodere nell’istante esatto in cui tutto, per una volta, inizierà a scorrere nella giusta direzione.
E proprio nel momento, nel meraviglioso momento, in cui ciò per cui a lungo hai tirato testate al muro, inizia ad avere un senso, a quadrare, la detonazione.
Quando, per una volta, inizi ad assaporare l’aroma della calma, del benessere, della stabilità, ecco il lampo di luce, l’esplosione sorda.
E la vipera sogghigna nel silenzio, nell’ombra del sorriso di silicone e dell’aria da buona confidente. Si propone addirittura come premurosa infermierina, con tanto di placebo da distribuire con amore.
L’ingenuotto non può che continuare a frenarsi la lingua, scalpitante ed agitata come un pesce fuor d’acqua.; e provare ad assemblare nuovamente i cocci, stavolta mettendo il vaso sulla mensola più alta, dove certe mani non possono arrivare.
Piove, e tutto ancora non si bagna di senso.

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