. espressioni

Colori, colori e tinte. In varie forme, si ripresentano. Su tela o sul monitor, sul foglio di carta comune o sul cemento freddo. Le loro mescolanze, suggerite dal semplice caso o dal ragionato equilibrio di caldi e freddi.. oppure dall’intenzione di spiegare un concetto, esattamente come persone come me cercano di fare con le parole (singole o in sequenza che siano, poco importa se poche o molte, in fondo la quantità non coincide mai, nemmeno in parte, con l’essenziale).

Siamo quasi frenetici nel tentativo di lasciare una traccia che esuli dal comune discorso. Edificare memorie, di continuo, impilare ricordi come mattoni e calcinacci, una fragile costruzione, una baracca che si presti a rifugio dalle intemperie. Offrire, al proprio ego o alla massa, immagini, colori, suoni, parole, puri o ibridi, in forme eleganti o volgari: ogni mescolanza diventa madre di un nuovo ramo di espressioni.

In un modo o nell’altro, tutti l’abbiamo fatto. Banalmente, lasciare un segno. Tutti ci abbiamo provato. Non parlo necessariamente di andare a colpire e segnare le grandi masse, di rivoluzionare il mondo dei costumi. Quello che quotidianamente cerchiamo di fare, con gesti più o meno inconsapevoli, è far sì che qualcuno di ricordi di noi, del nostro viso, del nostro modo d’essere. Cerchiamo di esser ricordati per l’atteggiamento solare, per il sorriso, per la disponibilità, a volte per la chiusura, per la lacrima .. anche se, diciamolo senza problemi, la questione più immediata è quella per cui dobbiamo apparire belli, perfetti e profumati.

Questaa cintura è della tonalità giusta, si presenta in armonia con le nuove scarpe di vernice rossa? Dilemma esistenziale: le Converse sono ancora simbolo di una generazione stracciata o sono diventate l’emblema di una moda che, pur di spacciarsi come nuova, attinge negli ambienti più dissonanti?

Inutile dirlo, ognuno mescola in sé volontà di espressione, profonde e non.

Peccato però, che sia tutto così inquinato da altre "priorità". Lavoro, scuola, amici, tipi/e, sesso. Mmm sto scadendo nel banale, meglio fermarsi qui per stasera. 'Notte.

. meretrice

La meretrice. Eccola lì. Chiamatela come vi pare, di epiteti ne ha a decine. Arpia, vipera, sanguisuga. Non a caso tutti sostantivi al femminile. Insito nella dolcezza del gentil sesso, spesso germoglia e prolifera un ramo di cattiveria quasi pura, di egoismo sfacciato, di materialismo quasi volgare. Squallido.

Questa infima creatura, così morbida all’apparenza, ha la straordinaria (quasi unica in realtà) capacità di infilarsi in situazioni e legami, per così dire, privati, che non la riguardano. O per lo meno, rapporti ai quali lei è invitata a partecipare con la sola, civile, educazione. Saluti e battute di cortesia, magari qualche breve e scarno discorso sulla bacheca del social nerwork del momento (perché si sa, sulla rete di facebook e figli siamo tutti grandi amici). Questo è ciò a cui la meretrice è solitamente invitata a fare. Praticamente nulla, perché certe situazioni, a rigor di logica, dovrebbero evolvere e risolversi all’interno della stretta, meravigliosa cerchia della coppia. La meretrice è quindi chiamata a starne fuori, ad osservare se vuole, anche a giudicare se necessita, ma lontano.

E invece ecco che questa astuta bestiola si insinua. Come l’acqua nelle crepe del cemento, come il freddo di dicembre nelle ossa, lei si infila. Ci mette il naso, le mani, e soprattutto, la lingua. Discorsi che non le appartengono, gentilezze frutto di una confidenza innaturale, fioccano con una tale abbondanza da lasciare inizialmente esterefatti. Chi non è pratico nell’arte dell’”insinuamento” al momento quasi non ci crede, pensa che sia tutto conseguenza di buona fede, di una sana ed innocua intenzione di stringere un legame di cortesia. Arriva persino ad auto convincersene, a credere seriamente che in fondo situazioni simili non siano poi così strane. “Non c’è niente di male, no?” diventa lo slogan da sfoderare nei momenti di incertezza, quelli in cui l’ingenuo mette a fuoco le cose e inizia a dubitare della famigerata “buona fede” (parole che, neache a farlo apposta, cadono a fagiolo in questa storia).

E invece, mentre il pischello osserva la scena senza vederne effettivamente il contenuto, l’arpia agisce indisturbata, seminando mine anti-legame programmate per esplodere nell’istante esatto in cui tutto, per una volta, inizierà a scorrere nella giusta direzione.

E proprio nel momento, nel meraviglioso momento, in cui ciò per cui a lungo hai tirato testate al muro, inizia ad avere un senso, a quadrare, la detonazione.

Quando, per una volta, inizi ad assaporare l’aroma della calma, del benessere, della stabilità, ecco il lampo di luce, l’esplosione sorda.

E la vipera sogghigna nel silenzio, nell’ombra del sorriso di silicone e dell’aria da buona confidente. Si propone addirittura come premurosa infermierina, con tanto di placebo da distribuire con amore.

L’ingenuotto non può che continuare a frenarsi la lingua, scalpitante ed agitata come un pesce fuor d’acqua.; e provare ad assemblare nuovamente i cocci, stavolta mettendo il vaso sulla mensola più alta, dove certe mani non possono arrivare.  

 

Piove, e tutto ancora non si bagna di senso.

. le reggine


Finalmente una serata all'insegna di rimmel e leggins. Caro testosterone, stasera niente da fare. Per una volta nessuna dolce metà, concesse solo sbavature saffiche.

Splendidi esemplari di femmina pocopiùcheventenne alle prese con intrugli alcolici improvvisati, con locali troppo pettinati, con tutto ciò che di solito aborrono.

Le reggine der venerdì sera. Belle loro.

. pallalpiede

Mi sento una palla al piede. Un’enorme, flaccida, appiccicosa palla al piede. Un macigno, una sfera di metallo con tanto di catena avvinghiata alla caviglia del malcapitato.

Perché mi basta una piccolezza, un nonnulla, per sentirmi sprofondare e dedicarmi all’ennesima piangiuta di due, tre ore. Per poi svegliarsi alla mattina con due occhi a cocomero maturo, con le palpebre che sembrano farcite di pastafrolla. Con un mal di testa che mi fa venir voglia di cacciarmi ancora sotto le coperte a compiangermi per altre 12 ore (cosa che farei se non avessi una madre che esige la mia presenza durante i pasti, e che pretende che io durante la giornata faccia qualcosa di produttivo… in cosa consistano le attività produttive a suo avviso, rimane ancora un mistero).

Il fatto è che, mentre piango, mentre le gocce tonde e pesanti sfiniscono i capillari dei miei occhi, mentre sfilo l’ennesimo fazzoletto “formato tovaglia” dal cassetto dell’armadio in anticamera, non ragiono. La mia mente non lavora frenetica nel tentativo di cercare una via d’uscita, un appiglio, un cartello luminoso con una bella scritta “EXIT”.  Non connette, proprio non ce la fa. Si lascia andare a vittimistici pensieri di autocommiserazione, tanto inutili quanto dannosi. E giù lacrime, giù singhiozzi, giù scie umidicce sul cuscino. E ore davanti a quel fottutissimo telefono cellulare, nella speranza che dia segni di vita, che vibri gioioso avvisandomi che qualcuno mi sta cercando, che qualcuno ha bisogno di me. Ovviamente questo non è propriamente fattibile alle 4 del mattino, ma in quel momento non ci ragiono.

fottutapallalpiede

eccocomemisento


…buona giornata a tutti.

. madri

Arriva un momento in cui le mura domestiche, tanto care negli anni dell’infanzia e spesso rassicuranti nei turbolenti anni dell’adolescenza,  diventano.. strette. Come un vestito di qualche anno fa, come quei jeans stupendi che dopo i 20 anni (e dopo i kili in più) non ti entrano più. Le mura diventano anguste, diventano soffocanti. Ma, più di tutto, diventano nido di rancori e discussioni tanto futili quanto fastidiose. Germoglia l’incomprensione con le due persone che ti hanno fatto crescere, che ti hanno nutrito, coccolato ed amato. E le discussioni dei 16 anni sembrano ciuffi di polvere in confronto a quelle che arrivano negli anni “post 20”. Non perché quest’ultime siano più importanti o più corpose..il livello di idiozia è identico a quello raggiunto in passato. Ma gli screzi diventano inesorabilmente più irritanti. I genitori invecchiano, tu cresci e cambi le tue priorità. Pensi all’amore, al sesso, agli esami, al futuro, ai rapporti che finiscono, alle amicizie dimenticate, alle esperienze nuove. Voglia di sperimentare, di buttarsi, di leccare l’aria d’alta quota, quella con la pressione sconosciuta. 

E i due vecchiardi puntualmente ti interrompono ricordandoti, con tono ovviamente pesantemente infastidito (data l’estrema importanza della questione) .. che non hai ancora fatto il letto (ehssì, dopo 2 ore che ne sei uscito, se non lo rifai, si autodistugge). Che non hai messo l’auto in garage (sai, ad Alzano Lombardo è pieno così di sanguinosi criminali che non aspettano altro che rubare una 500 del 1994). Che non hai sistemato il phon dopo averlo usato (eh bè, da spento emana un getto di calore talmente intenso da incendiare gli asciugamani). Che non hai tolto il dvd dal videoregistratore (ovviamente un dvd inserito in un videoregistratore spento può mandare in cortocircuito una città intera). Non mi dilungherò con altri esempi, il succo della questione è cristallino. Perché, perché, le madri in fase post-menopausa, anziché godersi una meritata pensione ricamando e guardando telenovele spagnole, passano la giornata lacerando  la pazienza di figli e mariti? Perché? Perché si tediano lavando piatti che poi vanno in lavastoviglie, spostando divani per pulire sotto, facendo sei lavatrici al giorno e lavando magliette che son state messe una sola volta, o addirittura messe solo in valigia?  Quale bizzarro meccanismo scatta nelle loro veterane menti per indurle ad assumere atteggiamenti così imbecilli?

Qualche scienziato indaghi, grazie.

. incipit

23/03/2009
15.10.33
.ıllılı..ıllı..ıNIHIL
. ɱɑɾlɑ
ora apri un blog e scrivi stronza!

detto fatto.
non è nei miei canoni esser costante, nè coerente a dir la verità, e, in tutta sincerità, fino ad ora ho schivato social network e vetrine virtuali nella piena convinzione che farsi i cazzi degli altri fosse una sorta di amaro sedativo per placare la noia.
ora.

propriononlososequiciscriveròqualcosaono.